Sulle prime 4 corde di un 5 corde

Inizialmente avrei voluto copiare-ed-incollare questo scritto di qualche anno fa su facebook, come post o come nota… poi, a differenza di tanti, il mio ego si è calmato ed ho ricordato che avevo già un blog personale, ma da anni ed anni prima di facebook, quando ancora si chiamava weblog e nessuno lo aveva ancora abbreviato in ‘blog’, funzionante con xml ed rss ed addirittura altri standards… era più giusto postarlo li, indicizzato dai motori di ricerca a-comu-veni-si-cunta. E’ dedicato a tutti gli amici musicisti che ho incrociato nella mia vita, piccoli e grandi. In particolar modo ai sub, i subwoofer, i subaquei, a chi suona il basso. A chi quando suona si immerge in una dimensione parallela dove vede anche cose molto brutte e li-per-li non sa che fare. Che vi sia di ispirazione.

Fino a qualche anno fa avevo una discreta attività musicale, a fine concerto sempre qualcuno viene in mezzo al palco a farti i complimenti o semplicemente a chiacchierare del repertorio, o a chiacchierare di se stesso per farsi coraggio per i proprio studi musicali o scaricare la sua invidia, molti sono i soliti paraculo, gli altri sinceri. Tra quest’ultimi qualcuno mi ha chiesto: «…ma perchè suoni il 5 corde e non il 6? Uno come te col 6 corde farebbbe l’inferno!». Io sorrido e rispondo: «beh l’inferno non mi interessa perchè lo conosco già e poi 6 corde per me sono troppe, se hai davvero le palle te ne bastano ed avanzano 4, ma col 5 corde puoi permetterti note più gravi del Mi, ed ogni tanto, se hai buon gusto e senza far “sbuddare” troppo lo stomaco alle persone che distrattamete ti asoltano, sai ci stanno ed a volte fanno pure una differenza notevole… sai quando suoni con i fiati spesso capitano tonalità dove servirebbe un MIb bello pieno all’ottava di sotto e col 4 corde non ci puoi arrivare senza il drop-D meccanico o senza fare la scena di agire sulla manopola in tempo reale e cambiare accordatura, ma non sono mica Marcus Miller per fare ciò, però farlo all’ottava più alta non riempirebbe per nulla e per qualcuno sarebbe un pugno in un orecchio… sai non è bello dare gratis pugni alle orecchie della gente solo perchè tu non ci arrivi col tuo strumento, è solo vana vendetta, le orecchie sono pure vicino alle tempie ed è pericoloso dare pugni li, rischi di farli fuori troppo presto a-uso-mossa-di-ken-il-guerrirero». Non è affatto la verità: la verità è che non l’ho mai deciso io. E non me l’ero mai chiesto prima di ricevere certe domande.

Al mio primo basso elettrico, un anonimo ed economico “Thema” a 4 corde, dopo qualche settimana si spezzò il truss-rod. Il truss-rod e’ l’anima di acciaio che scorre lungo il manico e sotto la tastiera, permette al manico di resistere dritto alla potentissimissima tensione delle corde. Facendo 2+2 immaginai che quindi quando si spezza l’anima… si spezza anche il corpo. E ne sono tutt’ora più che convinto, anzi: oggi ne sono 100% sicuro. C’ho le prove e purtroppo me la rido molto amaramente quando non capite.

«Mi dispiace ma qui giro la vite di regolazione e non succede nulla: mi spiace proprio ma si sarà rotto il truss-rod» disse il tipo del negozio di strumenti a Caltagirone. Era la prima volta che sentivo quella parola: «Ras che?!? Ma…ma… non si può aggiustare?», avevo forse 13 o 14 anni e c’era anche mio padre quel giorno che mi prelevò anzitempo da scuola apposta per farmi presenziare al responso del sedicente liutaio, «…si, ma è una operazione molto delicata e costosa, lo strumento è una cagata, cioè: non ci vale, quanto ti costa riparalo ne compri uno nuovo e migliore». Lo strumento non ci vale. Non riuscii proprio ad accettare quella frase… per me era come un dottore che mi diceva «non c’è nulla da fare, praticamente è già morto… accuditelo finchè campa e poi pazienza, è la vita». Così fu, e me ne presi cura. E’ ancora li vivo e nonostante tutto, io pure. Forse continuavo a suonare solo per dimostrare questo, che puoi far suonare bene anche una tavola da carpenteria qualsiasi, se ti va di mettergli due fili da pesca e provare ad accordarla, se c’hai addosso un maledetto motivo funzionerà magicamente. Ero giovane ed ingenuo, non conoscevo le leggi del mercato e non pensavo lontanamente che un commerciante avesse visto un adesivo nella custodia diverso dal suo e mi avrebbe detto questo. O che addirittura l’avesse rotto lui, al tg si sente di gente che spacca e si fa spaccare le ossa per prenderci i soldi dell’assicurazione, figurati per un pezzo di legno di poche centinaia di euro, all’epoca lire.

Tornati a casa lo riaccordai, sentivo il legno scricchiolare. L’action, l’altezza delle corde, la distanza tra le corde e la superfice della tastiera era di mezzo centimetro, praticamente un contrabbasso e non un basso elettrico, quanto basta ed avanza per farti venire la tendinite nel suonarlo. I primi 4 tasti erano durissimi, il primo tasto era impossibile da premere con mio indice monco. Ma lo suonavo lo stesso, non avevo proprio nulla da perdere, i calli crescevano ed io li accorciavo col tagliaunghie perché erano esteticamente “sbusesti” sulle mie mani da pianista. Nel frattempo il manico cedeva, scricchiolava e perdeva l’accordatura, lo riaccordavo e continuava a scricchiolare: non c’era verso, avevo paura che si spezzasse tanto che allentavo tutte le corde prima di posarlo nella custodia per farlo riposare.

Iecchissu, è ciò. Era così, il manico era storto beh capita. Poverino non reggeva l’accordatura normale a 440 Hz. Non poteva suonare come gli altri, era nato così. Capita pure di pegggio per carità… sarà una cosa genetica, sarà stato un difetto di fabbrica.

Per qualche mese ogni giorno vivevo questa agonia del sentirlo scricchiolare, a volte mi commuovevo pure, lo baciavo e lo ringraziavo per la sua resistenza nonostante tutto non mollava, nel 2019 è ancora semi-imbalsamato nella sua custodia graffiata dal gatto con le corde in tiro, ma regge ancora e so che sicuramente vivrà cos’ più anni di me.

In pochissimi lo sapevano, non lo dicevo per non farlo passare come un handicappato (di cuore: con tutto il rispetto per i diversamente abili, vent’anni fa li chiamavamo tutti genericamente handicappati senza alcuna malizia, rammento che tanto c’erano gli obbiettori che gli spingevano la carrozzella, era solo legittima ignoranza dettata dall’età). Suonavo dietro al giradischi ed al mangianastri, i CD erano cari e rari e l’mp3 di Napster era ancora nel futuro, non c’era ancora internet a parte le BBS ed un modem a 14k, solo il catalogo Nannucci e giocarsi la scuola per andare di persona al negozio di dischi, ordinarlo ed aspettare qualche settimana.

Avevo da poco scoperto che esistevano i bassi a 5 e 6 corde, allora un giorno decisi di provare ad accordarlo come uno di quelli che credevo strumenti più evoluti, sulle prime 4 corde di un 5 corde. SI MI LA RE, ma… senza SOL… perchè era appena diventato RE e le corde si erano finite. La tensione delle corde era notevolmente più bassa ed il manico non si curvava, non scricchiolava più. Così, finalmente, poteva suonare… le corde erano morbide come la pelle di una donna, lo scrivo ora ma all’epoca non le conoscevo ancora. Sono un autodidatta, ho imparato praticamente tutto così, con quella accordatura e quelle diteggiature, sulle prime 4 corde di un 5 corde.

Così mi dimenticai di quel problema e continuammo a suonare, caricavo l’amplificatore da 20W sul portapacchi del motorino e partivo per le prove a Vizzini, Grammmichele e Caltagirone. Minchia il rettilineo della libertinia non finiva mai di terza su un RX-50 Aprilia a tre marce, nemmeno col pignone con un dente in più, si era più veloce ma la strada non finiva mai lo stesso, eppure le leggi di aereodinamica mi frenavano un po’ ma non mi fermavano, non potevano. Una vita ho cercato di imparare a far impennnare un motorino come i veri stuntman Licodiani (anche a costo di stare un mese col braccio ingessato) e non ci sono mai riuscito, eppure quando indossavo la custodia quel motorino impennava da solo come un cavallo imbizzarrito ed io oltre a domarlo lo portavo pure a destinazione, andata e ritorno… ma non ero io a guidare, era la musica, sennò mi sarei sfracellato un rene contro un autobus parcheggiato. Potevo scendere a note più gravi di un 4 corde, ma non potevo salire a note più acute di un… 3 corde. Era salvo, ma al prezzo di non poter fare assoli alti ed oltrepassare un certo limite.

Mai nessuno si è accorto che suonavo con 5 corde in 4. Mai. I tastieristi, genere a cui anche io appartengo, cliccavano un tasto e cambiavano tonalità suonando sempre in Do (per la serie ti-piace-vincere-facile?!? bonshi, bonshi, bon bon bon, tattattara), io mi adattavo in tempo reale sulla mia accordatura storta; i chitarristi montavano il capotasto (“a tinagghia”), io contavo i tasti di distanza dal capotasto e li sottraevo dalla mia accordatura senza dire niente. Tuttosommato, alla fine funzionava e non se ne accorgevano. I muscisti.

Ora che ormai vado verso i 40 ed è passato del tempo ho imparato dalla vita tante analogie con questa storia che ho vissuto in prima persona perché l’ho rivista identica decine e rivissuta decine di volte ed ovunque: c’è un limite apparentemente casuale oltre al quale le cose… si rompono, e quelle cose che per loro natura sono più delicate non possono oltrepassare un certo limite che la natura stessa le ha imposto e magari si rompono prima se le forzi ma… tu quanto tatto hai usato mentre le maneggiavi? Non è che le hai rotte tu?

Ho continuato a cercare gli strumenti più sfigati, i più storti, i più scassati, quelli che nessuno li avrebbe mai nemmeno sfiorati perchè gli facevano schifo, i più poveri e più anonimi, i più radioattivi, i pazzi… e farli suonare bene, o al loro meglio. L’ultimo è proprio un 4 corde cinese, anonimo e radioattivo ma che monta della fiammanti DR “Marcus Miller”. Nessuno avrebbe sprecato quei soldi in corde per uno strumentaccio cinese, io ho ordinato online proprio la muta 4 corde apposta, per la prima volta perchè le avevo sempre comprate da 5 corde. Il complimento più bello che ho ricevuto in vita mia suonando proprio con quel 4 corde dopo averci pure vinto un concorso è stato «ma come hai fatto a suonare con un tronco grezzo di pino», riferito alla qualità del legno di quest’ultimo strumento. Non lo so, ha suonato lui… io muovevo solo le dita.

Volevo solo dirvi che se avete voglia di suonare non rompete i coglioni agli altrii: fatelo e basta.

E quando qualcuno vi dice «si ma non è come il mio Fender», sputategli pure in faccia lo sgracco più denso che avete in gola, si proprio quelli che gialllastri si incrostano nel lavandino quando li sgracchi la mattina e ti ci ritrovi davanti la sera, ma proprio il più denso e scatarrato che avete in gola, perchè se lo merita tutto e perchè sotto sotto, se lo cerca, e in verità GLI SERVE e pure a voi serve, DOVETE sputarglelo se volete aiutarlo e fare qualcosa di bene per il prossimo e per questo pianeta dimmerda.

Vi toccherà passare per stronzoni qualche anno, ma poi vi ringrazieranno e vi saluteranno da lontano. E voi non avrete ancora gli occhiali giusti per riconoscerli e corrispondere, quindi passerete ancora una volta ancora per stronzi che manco salutano. Ma questa è un’altra storia. Trovate la vostra nota e cantatela ad oltranza, sempre, prepotentemente pituttavita, perché se quella nota è davvero la vostra non saà mai prepotenza, è la vostra essenza.